Atterriamo a Charles de Gaulle.
Ad accoglierci un'inquietante cielo nuvoloso e 16° di temperatura.
Non male come arrivo.
Prendiamo un treno e la metro e arriviamo facilmente a Rue Charlot: la via della nostra calorosa casetta.
Nel mentre i nuvoloni grigi si trasformano in una pioggia battente, decisamente scomoda per chi indossa una gonna lunga e si trascina una valigia piena di vestiti estivi (che non verranno mai utilizzati).
Nel mentre i nuvoloni grigi si trasformano in una pioggia battente, decisamente scomoda per chi indossa una gonna lunga e si trascina una valigia piena di vestiti estivi (che non verranno mai utilizzati).
Lizzie, la proprietaria, mi manda un messaggio il giorno prima informandomi di ritirare le chiavi "dell'appartamento" da un certo Jonas, proprietario di un negozio collocato esattamente sotto casa nostra, che vende gioielli artigianali. Ci dirigiamo così verso "Jonas' Shop" e scopriamo che il negozio è chiuso.
All'interno del prezioso negozietto vola libero, tra un gioiello e l'altro, un uccellino rosa, che indisturbato si gode la vita, mentre noi, fuori al freddo ed al gelo, tra la pioggia e le intemperie ci chiediamo dove minchia sia questo Jonas. Appeso alla vetrina c'è un numero da poter chiamare: chiamo. A rispondermi una voce italiana. E qui scatta il mistero... Quindi provo a chiamare Lizzie. Il nulla.
Già disperata e ormai consapevole del fatto che l'avevo presa in quel posto, un signore in giacca e cravatta, con tanto di valigetta, entra nel nostro portone. Jonny lo placca in tempo zero e gli chiede se conosce Jonas. Con il potere della botta di culo che abbiamo il signore conosce Jonas e ci porta da lui...
Si presenta un ragazzo alto, con capelli ricci e rossi, un cappello di lana, bretelle e piedi scalzi. Bianco cadaverico ci dà le chiavi, ci apre l’appartamento da cui estrae due mini materassi grandezza bambino e li piazza in corridoio. Farfuglia qualcosa sul fatto che la finestra debba rimanere aperta perché le chiavi sono solo un mazzo e se le perdiamo almeno possiamo passare da lì (ma ti pare????) e se ne va con il suo karma, il suo alone di leggerezza e il suo totale menefreghismo verso il genero umano.
Mi sento un po’ disperata, un po’ perché non ci fornisce alcun tipo di informazioni (tipo quale sia il codice per aprire il portone), un po’ perché il cesso non ha neanche il tasto per tirare l’acqua e quindi bisogna smontare tutto per poter tirare lo sciacquone.
Appurato che non l’avevo presa in quel posto e scoperto qual’era il codice per entrare dal fottuto portone decidiamo, finalmente, di inoltrarci nella meravigliosa Parigi.
Girovaghiamo per il Marais, uno splendido quartiere a pochissima distanza dalla nostra casa e da Ile de France. Un posticino caratteristico, pieno di negozi e portoni colorati. Arriviamo alla Cattedrale di Notre Dame, imponente e meravigliosa. Entriamo poi in una libreria che mi ero ripromessa vi vedere: Shakespeare and Company. Un luogo fuori dal tempo, un luogo in cui i libri si possono leggere seduti su poltroncine antiche circondati da infiniti libri tutti divisi per categoria, anni e storia. Consiglio a chiunque di entrare a fare un giretto e perdersi per un po’ di tempo nel passato.
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Le Marais |
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Notre Dame |
Proseguiamo il nostro giro, costeggiamo la Senna e attraversiamo diversi ponti fino ad arrivare al Pont des Arts. Nel mentre la pioggia e il gelo, lasciano spazio ad un briciolo di sole. Mi siedo su una panchina e mi godo il piacevole calore, accompagnato da un sottofondo musicale tipicamente parigino. Attraversiamo tutto il ponte che apre le sue porte al Louvre. Il palazzo è immenso, fatto a ferro di cavallo, ti senti un po’ piccolo ed insignificante. Quindi arriviamo al Museo. Ci sdraiamo sulla fontana che lo circonda e facciamo un piacevole pisolino. Poi riprende a piovere e noi a camminare. Stanchi e po’ provati dalla giornata decidiamo di fermarci ad un baretto e berci un buon bicchiere di rosso, accompagnati dalla tipica baguette, ma solo dopo aver visitato il Museo d’Orsay, che consiglio a chiunque sia appassionato di Impressionismo. Ho finalmente visto dal vivo tutti quei quadri che mi avevano tanto affascinato quando li studiai nel mio ultimo anno scolastico alle superiori. Sono riuscita anche a vedere dei ritratti di Van Gogh, che mancavano clamorosamente nel suo museo ad Amsterdam.
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Claude Monet - Figura en plain air (18886) |
Il giorno dopo lo dedichiamo a Montmartre. Dopo una colazione da schifo, con omlette e patatine fritte (perché??!), percorriamo la scalinata che porta alla basilica del Sacré Coeur. Il tempo è clemente e finalmente è uscito un po’ di sole. Un artista di strada suona l’arpa ed è bellissimo ammirare tutta questa storia dell’arte accompagnati ogni volta da un diverso sottofondo musicale. Sarei rimasta le ore a godermi il panorama, senza far nulla. Mi rilassava e mi faceva sentir bene.
Il quartiere di Montmartre è sicuramente una di quelle tappe che non si possono balzare se si va a Parigi. Artisti di tutti i tipi si dilettano a fare ritratti; ne sono rimasta affascinata, soprattutto da uno in particolare, che aveva una tecnica molto personale e assolutamente distinguibile. Mi pento amaramente di non aver preso un suo quadro.
Abbiamo poi visto il muro del Je t’aime: per chi non lo conoscesse si tratta di un muro che, come rimanda il nome dell’opera stessa, è una parete su cui è scritto “Ti amo” in tutte le lingue e dialetti del mondo. Anche in questo caso ad accompagnare la visita uno speciale sottofondo di un artista di strada che per rimanere in tema suonava la stessa melodia alla maniera italiana, francese, inglese… E via discorrendo.
Ormai in pieno mood parigino, sempre alla ricerca di una nuova melodia, finalmente visitiamo la famosa Toure Eiffel, la vediamo da diverse angolazioni e scopriamo che da qualsiasi punto la si veda è sempre bellissima. Arriviamo poi ai famosi Champs Elysees, fino giungere all’Arco di Trionfo: è meraviglioso, imponente, perfetto. È uno dei monumenti che più mi hanno colpito.
Abbiamo poi visitato il Centro Pompidou, la piazza della Bastiglia e girovagato per non so quanti km.
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Montmartre: ogni tanto sui muri si trovano dei disegni strepitosti; piccoli dettagli si nascondono ovunque. |
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Tour Eiffel |
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Arco di Trionfo - dettagli |
Ho mangiato la “soupe à l’oignon”: zuppa alle cipolle, che consiglio a chiunque di assaggiare; una bomba brodosa, fatta di cipolle e formaggio fondente e mi sono scofanata di “pain au cocholat”, che per me sono una droga, imparagonabili a qualsiasi altro dolce francese, sono il top.
Dopo aver salutato la nostra amata Parigi passeggiando come dei veri parigini alla ricerca di regalini preziosi, entrando in tanti negozietti, librerie, cartolerie e via discorrendo… Con tutta la calma possibile prepariamo le valige e lasciamo le chiavi dell’appartamento sotto il tappetino di Jonas (così ci aveva suggerito!).
Ci dirigiamo quindi alla metro con la velocità di un bradipo, rilassati, dispiaciuti di abbandonare la romantica Parigi convinti che in un’ora emmezza saremmo giunti in aeroporto, ma… Ancora non sapevamo che il treno che ci avrebbe dovuto condurre a Charles de Gaulle era inagibile per tutto il giorno. Ci tocca quindi prendere un’altra metro, fare una coda di mezz’ora per prendere un bus e prendere nuovamente un altro treno. Il fatto è che eravamo piuttosto in ritardo sulla tabella di marcia. Preoccupati di perdere l’aereo, dopo una faticaccia a cambiar mezzi su mezzi arriviamo in aeroporto… Corriamo e fortunatamente riusciamo a metterci in coda per l’imbarco. Arriviamo a metà coda e solo lì mi rendo conto di aver cannato gate, sì perché non dovevamo atterrare a Malpensa, bensì Linate. Quindi… Altra corsa. Alla fine ce l’abbiamo fatta e ci è toccato così rientrare in Italia.
Parigi è romantica.
Parigi è fresca e frizzantina.
È piacevole.
E sicuramente rimarrà nel mio cuore…
Come quella “soupe à l’oignon”.
PS: come sempre sul mio Instagram potete trovare qualche video interessante, e qui qualche foto in più.
Alla prossima avventura,
Marta